Era il teatro di Dario Fo e Franca Rame. Poi la casa della musica da camera a Milano.
Oggi, la Palazzina Liberty è diventata un oggetto misterioso.
Foto copertina: Urbanfile
La Palazzina Liberty si è persa per strada: la riapertura si fa sempre più fumosa
# Dal centro della scena al silenzio: due anni chiusa e ancora in attesa

Chiusa dal febbraio 2022 per inadempienze normative rilevate dalla Commissione di Vigilanza, l’ex sede del collettivo artistico di Dario Fo e Franca Rame è inaccessibile per da oltre tre anni. L’idea iniziale era ambiziosa: affidare la Palazzina Liberty, nel cuore del Parco di Largo dei Marinai, a un gestore privato attraverso una convenzione ventennale, con un investimento minimo di 1,2 milioni di euro. Ma nel 2022, un comitato cittadino si oppose con una petizione popolare, chiedendo che l’edificio diventasse un bene comune. Così, il Comune fece dietrofront e annunciò un progetto pubblico di riqualificazione. Da allora, però, i tempi si sono dilatati. I lavori previsti per il 2023 sono slittati, e il cantiere, partito solo nell’estate 2024, ha accumulato ritardi. Intanto, l’edificio mostra sempre più i segni dell’abbandono: intonaci scrostati, infissi logori e un senso generale di degrado che fa dimenticare il valore architettonico e culturale del luogo.
# Lavori in corso (a metà): il piano terra apre, il resto aspetta

Oggi, l’obiettivo è molto più contenuto di quanto promesso. Se inizialmente si parlava di restituire l’intera Palazzina entro il 2026, ora si punta semplicemente a riaprire il piano terra entro la fine del 2025, con un investimento di circa un milione di euro. I lavori attualmente in corso riguardano solo questa porzione: sostituzione dei lucernari, impianti antincendio, e soprattutto nuovi servizi igienici, indispensabili poiché quelli originari si trovavano nel piano interrato, oggi escluso dal restauro per motivi economici. Per sistemare l’interrato e completare il recupero dell’edificio servirebbero altri 4 milioni di euro, cifra che il Comune spera di inserire nel Programma triennale delle opere pubbliche. Intanto, all’esterno resta solo una recinzione, e all’interno il cantiere si muove lentamente. La sensazione diffusa? Una ristrutturazione “a rate”, che rischia di far perdere ancora tempo prezioso a uno dei luoghi culturali più iconici della città.
# Bene comune o sala per pochi? Il futuro culturale resta da scrivere
Anche la destinazione finale dell’edificio resta incerta. Se è ormai tramontata l’ipotesi della gestione privata, restano sul tavolo due questioni aperte: chi la gestirà e quale sarà la programmazione culturale. L’assessore alla Cultura Tommaso Sacchi ha più volte definito la Palazzina Liberty un “bene identitario per la città”, ma a oggi non esiste un piano concreto per il suo utilizzo a lungo termine. La commissione consiliare del 26 maggio sarà chiamata a fare chiarezza, ma intanto resta la sensazione di un’occasione sospesa. Dopo essere stata cuore del teatro sperimentale e casa della musica classica, la Palazzina meriterebbe un futuro all’altezza della sua storia. Ma finché resterà mezza chiusa, sarà difficile immaginarla davvero come un punto di riferimento per la cultura milanese. E ogni rinvio allontana un po’ di più l’idea di una Milano che tutela i suoi spazi simbolici non solo a parole.
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FABIO MARCOMIN
Ci vorrebbe una bella SCILA per tirare su qualche piano, e i lavori decollerebbero subito! Si fa così a Milano, no?
L’interesse della presente Amministrazione per i beni della città è notorio. Le piste ciclabili, l’esclusione elle auto dalla città, questi sono i primi pensieri. Il resto non conta. Conta solo dilapidare le tasse dei cittadini “per far bella lacittà”. Vietare. L’importante è vietare. Le periferie vengono tralasciate. Solo programmi fasulli, per riempirsi la bocca. Questa è Milano, oggi.