Area B per tutti ma a pagamento: per finanziare progetti per Milano scelti dai cittadini

Una soluzione a tre problemi dell'attuale Milano: l'iniquità sociale di Area B, la carenza di risorse e la mancanza di partecipazione autentica

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Per questo progetto sono diversi i problemi da cui prendere spunto. Il primo è quello dell’ingiustizia sociale creata da Area B: una discriminazione classista che impedisce l’utilizzo dell’auto a chi non si può permettere un nuovo modello. A questo si aggiunge un problema ancora più ampio: Milano soffre da tempo la mancanza di risorse per realizzare progetti utili alla comunità. Infine, l’attuale Milano è fatta di divisioni nette, anacronistiche in una società divenuta in generale circolare e liquida. Le divisioni sono tra chi vive in Area C, chi in Area B e chi nei dintorni. Divisioni tra chi ha di più e che spesso viene più agevolato, e chi ha di meno che viene ancora più messo ai margini. E, infine, la divisione tra chi governa che decide ogni cosa e i cittadini a cui viene chiesto unicamente di rispettare quanto stabilito dall’amministrazione. Un modello di città a caste che, sinceramente, non ci piace. Ecco allora come, dal provvedimento forse più classista e divisivo di tutti, si potrebbe ripartire per realizzare un modello completamente diverso. 

# La situazione attuale: Area B tra divieti e mancanza di risorse

L’estensione dell’Area B

Milano dispone di due principali zone a traffico regolamentato: l’Area C, a pagamento, che riguarda il centro storico e che richiede un pedaggio per ogni ingresso, e l’Area B, gratuita ma interdetta ai veicoli più inquinanti. In questo secondo caso, i controlli sono effettuati tramite telecamere e chi accede con mezzi non autorizzati incorre in sanzioni amministrative. Attualmente l’Area B non genera entrate dirette, se non attraverso le multe, mentre il Comune è alla costante ricerca di risorse per finanziare progetti di interesse pubblico. 

# Area B a pagamento per chi entra a Milano: incassi fino a 500 milioni di euro all’anno

ChatGPT – Area B a pagamento

Si potrebbe quindi ipotizzare di estendere il pagamento a tutti i veicoli, inclusi quelli non inquinanti, con un ticket giornaliero ridotto rispetto a quello di Area C. L’obiettivo sarebbe quello di trasformare un sistema oggi impostato unicamente sulla logica del divieto, in uno strumento capace di produrre liquidità da destinare a progetti utili ai cittadini e al miglioramento della qualità urbana. Ma quanto si potrebbe incassare da questo provvedimento?

Secondo i dati più recenti, gli ingressi giornalieri in Area B si attestano attorno a 650.000. Applicando una tariffa di 2 euro per veicolo, il Comune potrebbe incassare circa 1,3 milioni di euro al giorno, pari a oltre 330 milioni l’anno, escludendo festivi e weekend. Una cifra comunque considerevole anche ipotizzando riduzioni: un euro per residenti, carpooling o mezzi elettrici. In tal caso l’incasso scenderebbe attorno ai 280 milioni di euro annui. Una ulteriore ipotesi di calcolo prevede il pagamento da parte delle persone e non dei veicoli, seguendo l’esempio di Venezia con la tassa d’ingresso turistica. Considerando i circa 500.000 pendolari e visitatori quotidiani che entrano in città, con una tariffa di 2 euro a persona si produrrebbero altri 250 milioni l’anno. La forbice complessiva oscillerebbe quindi tra i 250 e i 500 milioni di euro, a seconda della modalità di applicazione e delle agevolazioni previste.

# Modelli esteri e nazionali di riferimento

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L’introduzione di pedaggi urbani non è un’ipotesi isolata. Londra applica da anni la congestion charge, con importi che variano in base all’orario e all’impatto ambientale dei veicoli, reinvestendo parte del gettito in trasporto pubblico e piste ciclabili. Anche Stoccolma e Oslo hanno adottato soluzioni analoghe, presentandole come strumenti per ridurre traffico e inquinamento. In Italia, il caso più noto è quello di Venezia, che ha introdotto una tassa d’ingresso per i visitatori giornalieri, non senza polemiche. Pur con caratteristiche differenti, il principio rimane simile: far contribuire chi accede a un’area ad alta pressione turistica o veicolare per finanziare servizi e manutenzioni. Milano, attraverso Area B a pagamento, si potrebbe in questo filone di politiche urbane, con l’opportunità di studiare una misura calibrata sulle esigenze di una metropoli con una forte presenza di pendolari e visitatori quotidiani. Quindi in questo modo avremmo risolto due dei tre problemi menzionati nella premessa: quello sull’iniquità del provvedimento e quello sulla carenza di risorse. A questo punto, come si potrebbero destinare le risorse ottenute in modo da centrare anche il terzo obiettivo, quello di una città “autenticamente” partecipata?

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# Progetti partecipati con sondaggi periodici

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Le risorse incamerate dovrebbero stimolare la realizzazione di progetti condivisi tra amministrazione e cittadini. Immaginando di destinare un quadrimestre a ogni progetto, si potrebbero avere dai 100 ai 150 milioni come budget per progetti di miglioramento della città. 

Compito dell’amministrazione sarebbe quello di ricevere progetti dal basso, in fase di scouting, e di selezionare quelli più convincenti. Ad esempio, potrebbero essere da tre a cinque. A questo punto, per scegliere quello più opportuno, si potrebbe invitare tutti i cittadini ad esprimersi in una votazione digitale. Potrebbero essere liste di progetti legati a mobilità, manutenzione stradale, spazi verdi, alloggi per studenti, servizi o interventi culturali. Ognuno dei progetti selezionati dovrebbe essere chiaramente illustrato mettendo in mostra costi e benefici per la comunità, oltre che la coerenza al programma di sviluppo per Milano. Al progetto scelto dai cittadini andrebbe a quel punto destinato il budget, fatto salvo l’iter di procedure necessarie per l’esecuzione del progetto. 

La trasparenza sarebbe garantita da rendicontazioni periodiche e la comunicazione dovrebbe mettere in evidenza il legame diretto tra pedaggio e benefici visibili in città. In questo modo, il pagamento per entrare in Area B non verrebbe percepito come un balzello punitivo, ma come un contributo condiviso che consente di migliorare in maniera concreta la qualità della vita urbana e di rafforzare il senso di partecipazione civica dei milanesi.

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