Il grande rischio per Milano: un Sindaco Dead Man Walking

Un’amministrazione assediata da media e procure finisce inevitabilmente per rallentare tutto, bloccarsi, chiudersi in sé, portando la città a uno stallo che rischia di intrappolarla

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Dimissioni! Una buona fetta dell’opposizione chiede a Sala di lasciare la carica, alla luce dell’iscrizione nel registro degli indagati per questa nuova Mani Pulite dei costruttori. Nella storia di Milano, solo una volta — nell’Ottocento — un sindaco ha rassegnato le dimissioni per una catena di scandali legati a una grande opera pubblica: la Galleria Vittorio Emanuele. In quel caso, il sindaco fu poi scagionato da ogni accusa, ma lasciò l’incarico per le polemiche che erano divampate.

Oggi la linea è chiara: difesa a oltranza da parte del sindaco e della giunta. Anche perché essere indagati, di per sé, non significa nulla, soprattutto in un Paese dove la magistratura ha più volte oltrepassato i suoi confini naturali. I casi di politici massacrati dalla gogna mediatica e poi completamente assolti sono moltissimi. Ma il danno, quasi sempre, era ormai fatto. Milano ne sa qualcosa.

Prima ancora del verdetto finale, ci sono casi emblematici di politici un tempo molto potenti che sono stati politicamente azzerati dall’avvio delle inchieste: come Roberto Formigoni o, ancora più drammatico, Bettino Craxi, il personaggio politico che ha subito maggiormente l’onta di Tangentopoli, segno di come a Milano il discredito giudiziario venga vissuto in modo più feroce che altrove.

Bettino Craxi su Ducati – Credits Paninaro FB

# A Milano il percepito vale più dei fatti

E proprio qui sta il punto. Milano è fatta così. È la città della moda, dove l’immagine conta più della sostanza. Dove il “percepito” spesso vale più dei fatti. Lo stesso Sala ha cavalcato questo aspetto di Milano, non solo con slogan o rendering a effetto, ma anche nell’approccio dei problemi: ha più volte sottolineato come, ad esempio, la percezione del problema sicurezza superi di gran lunga la sua effettiva incidenza. Milano è la città del giudizio altrui. E il giudizio degli altri — giusto o sbagliato — può imprimere una lettera scarlatta indelebile.

Basti ricordare l’ondata di sospetti (mai trasformati in accuse reali) che fece perdere le elezioni a Letizia Moratti. Quella che sembrava una corsa da vincere al primo turno si trasformò in un calvario. Nel corso della campagna elettorale, Moratti appariva sempre più come una Dead Woman Walking: un candidato condannato in anticipo, come un detenuto nel braccio della morte.

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# Il rischio di stallo per Milano 

Ed è questo il rischio più grave e concreto per Milano nei prossimi anni: ritrovarsi con un sindaco Dead Man Walking. Sotto questo aspetto non importa se le accuse si riveleranno infondate: il marchio della comunità è già stato apposto. Un marchio che trasforma il primo cittadino in una figura dalla quale è meglio stare alla larga. In una città che vive del giudizio degli altri, questo stigma può portare istituzioni, imprese e interlocutori a guardare con sospetto ogni rapporto con l’attuale amministrazione, per paura che in futuro si trasformi in un motivo d’infamia. Anche perché oltre all’onta c’è il rischio che tutto questo precipiti in qualcosa di ancora più pesante: dimissioni, o un’escalation delle indagini.

Ma il pericolo del sindaco Dead Man Walking non riguarda solo gli altri. È anche interno: riguarda il sindaco stesso, e la sua giunta. Colpiti e scottati dall’inchiesta, è plausibile che adottino la strategia del minimo rischio. Nessuna iniziativa, nessun progetto nuovo, solo gestione ordinaria. È la “logica del fortino”. Di chi, sotto assedio, punta solo alla sopravvivenza.

Un’amministrazione assediata da media e procure finisce inevitabilmente per rallentare tutto, bloccarsi, chiudersi in sé, portando la città a uno stallo che rischia di intrappolarla fino al termine del mandato. Ma Milano, già colpita duramente da questo danno d’immagine, può permettersi due anni di governo fantasma?

Continua la lettura con: Terremoto giudiziario: tutte le opere che rischiano il blocco a Milano

ANDREA ZOPPOLATO


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Andrea Zoppolato
Più che in destra e sinistra (categorie ottocentesche) credo nel rispetto della natura e nel diritto-dovere di ogni essere umano di realizzare le sue potenzialità, contribuendo a rendere migliore il mondo di cui fa parte.

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