Milano è sempre stata la città delle opportunità, ma oggi sembra aver perso parte della sua anima. In tanti la vivono, in pochi però la sentono propria e contribuiscono al benessere collettivo.
# Milano ha bisogno di due gambe

Aristotele sosteneva che ogni uomo per essere realizzato dovesse camminare su due gambe: quella del privato e quella del contributo alla collettività. Milano sembra oggi zoppicare, trattenuta da una crisi non solo economica ma civica. L’atmosfera percepita da molti è fredda, distaccata, individualista. Il sentiment comune che, emerge anche dalle interazioni sulla fanpage di Milano Città Stato, è l’assenza del “milanese” come spirito, più che come origine: generoso, concreto, operoso. Il “cuore in mano” non è solo un modo di dire, è un modello sociale basato sul contributo gratuito, sulla partecipazione spontanea al bene comune. Ricostruire una comunità passa da qui, da iniziative minime e replicabili da chiunque. Serve ripensare Milano come luogo di appartenenza, non solo di passaggio.
# Le azioni quotidiane che ogni cittadino potrebbe fare

Molte iniziative possono partire dal basso. Nei condomìni si possono attivare reti di mutuo aiuto per supportare anziani, monitorare spazi comuni, gestire micro-progetti di decoro. Nei quartieri si possono promuovere gruppi di presidio civico per segnalare problemi, curare aiuole abbandonate, vigilare su aree sensibili. Alcuni luoghi potrebbero essere adottati da cittadini o associazioni, come fanno gli “Angeli del Bello”, che a Milano si occupano di interventi volontari per la pulizia e la manutenzione urbana. Si possono organizzare doposcuola per ragazzi in difficoltà, sportelli di ascolto, giornate collettive di cura urbana. Le competenze professionali, in modalità di consulenze fiscali, digitali, legali, possono essere offerte a titolo gratuito per chi non ha accesso a certi servizi. Gli incroci pericolosi possono essere mappati e segnalati, gli edifici abbandonati valorizzati con progetti artistici o sociali. Le azioni possono nascere da soli, ma si rafforzano nei gruppi. Ogni cittadino può diventare punto di innesco di cambiamento.
# Dai gesti individuali all’organizzazione collettiva
Perché le azioni quotidiane non restino isolate, serve una struttura leggera che le colleghi. Ogni quartiere potrebbe dotarsi di una rete civica stabile, con funzioni di ascolto, coordinamento e supporto logistico alle iniziative locali. Piccoli centri civici, ospitati in spazi esistenti, potrebbero diventare hub per offrire strumenti e formazione a chi vuole agire. Anche le scuole, le biblioteche o i mercati coperti potrebbero estendere le loro funzioni, accogliendo attività serali o nel fine settimana.
Anche la pubblica amministrazione dovrebbe fare la sua parte, facilitando la collaborazione attraverso protocolli semplici, evitando burocrazia e favorendo accordi tra cittadini e istituzioni per la gestione condivisa di spazi e servizi. L’obiettivo non è moltiplicare le attività, ma renderle più efficaci, visibili e continue. Si tratta di connettere le risorse già presenti, spesso sparse e non coordinate, coinvolgendo anche chi finora è rimasto ai margini della partecipazione civica.
# Rendere Milano di nuovo terra di opportunità

Una città torna a funzionare quando fa sentire ogni abitante parte di qualcosa. Milano potrebbe tornare a essere questo: un luogo dove chiunque, indipendentemente da provenienza o mezzi, trovi spazio per contribuire e crescere. Per riuscirci serve più accesso, più fiducia, più coinvolgimento diretto, con condizioni semplici per valorizzare ciò che già esiste. Chi ha vissuto un’opportunità può aprirne una nuova per altri, chi si è sentito ai margini può diventare ponte verso altri esclusi. Milano ha bisogno di cittadini che non si limitino a vivere qui, ma che scelgano di farne parte. E che, attraverso il loro impegno, tornino a incarnare quello spirito concreto e generoso che l’ha sempre definita.
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FABIO MARCOMIN