L’inchiesta sull’urbanistica milanese ha fatto emergere uno schema inquietante: utilizzo strumentale del verde e dell’edilizia sociale come elemento di facciata per mascherare speculazioni immobiliari. Dalle intercettazioni emerse nell’inchiesta, viene fuori il caso della “spolverata di sociale”: una promessa di servizi e spazi inclusivi per giustificare l’interesse pubblico, concordata tra pubblico e privato, che poi spariva una volta aggiudicati i lavori.
Un sistema già descritto e denunciato da tempo: promesse di verde, sociale e inclusione che evaporano al momento della costruzione. Questa è la realtà dei cantieri milanesi: il “sociale” usato come passe-partout, fino alla fase esecutiva, quando sparisce. Ma cosa si dovrebbe fare per risolvere questo problema ormai endemico a Milano?
# Il verde promesso sulla carta che poi… scompare

Diversi progetti – citati in questo nostro articolo – rientrano in questa narrazione: aree progettate con foreste urbane, aree di rigenerazione e parchi pubblici, usate come leva mediatica e di marketing. Ma nella realtà finale il verde scompare, invertendo l’interesse pubblico in opportunità speculative. Solo per citare alcuni casi:
- Il «ponte serra» sfumato a Porta Nuova
- La Sky Forest di piazzale Loreto
- Il Colosseo Verde
- La «foresta sintetica» sopra Cadorna
E ancora: nel 2024 è stata presentata la “foresta invisibile” grande quanto “1430 San Siro” che dovrebbe nascere a Milano entro il 2030. Per non parlare della “foresta sopra la fabbrica” al Parco Nord che si dovrebbe aggiungere alla “Tiny forest”, alla “foresta alpina”, alla “foresta di montagna” e perfino alla “foresta da mangiare”, tutti progetti annunciati da rendering stratosferici. Ma per ora mai portati alla luce.
# La soluzione proposta da Milano Città Stato: la super‑penale per le promesse disattese

Una strada concreta per evitare queste frodi urbane: introdurre clausole contrattuali vincolanti, con una super‑penale severa per tutte le parti del progetto sociale (verde, edilizia convenzionata, servizi) presentate in gara o in conferenza di servizi e poi sommerse o eliminate nella realizzazione finale.
Come dovrebbe funzionare:
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All’atto dell’offerta o della concessione urbanistica, si indica chiaramente l’impegno sociale incluso nel progetto (es. percentuale di verde, alloggi sociali, servizi comunitari).
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Se alla fine del cantiere quegli elementi non risultano realizzati, scatterebbe una penale molto elevata, proporzionale al valore sociale promesso, non solo al costo economico.
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La penale sarebbe applicata anche se queste parti vengono ridotte o modificate significativamente.
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L’ANAC e il Codice Appalti oggi permettono penali solo in caso di ritardi nell’esecuzione – qui serve una normativa ad hoc che le estenda ai contenuti qualitativi del progetto.
# Perché serve

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Disincentiva chi usa la rigenerazione sociale solo come maschera propagandistica.
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Introduce responsabilità contrattuale reale, non solo formale.
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Rende trasparente e verificabile il rispetto degli impegni, senza possibilità di “tagli” last-minute.
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Protegge il cittadino e il quartiere da speculazioni opportunistiche.
# Perché serve una norma ad hoc

Attualmente la normativa italiana nel Codice dei contratti pubblici (e gli orientamenti ANAC) limita le penali ai casi di ritardo, escludendo il controllo sui contenuti qualitativi o la modifica di parti elaborate e promesse in gara.
Allo stesso modo, il codice penale prevede reati per omissione di lavori di edifici pericolanti o per inadempimento di contratti di pubblici servizi, ma nulla contempla le “promesse sociali” disattese nei cantieri.
Quindi è necessaria una norma speciale: una super‑clausola penale, inserita nei bandi di concessione e gare, pensata proprio per i contenuti sociali pubblicizzati.
Milano non può più permettersi “cantieri di facciata” in cui il sociale serve solo a vincere la gara, per poi essere cancellato. Serve un meccanismo che punisca chi tradisce quegli impegni: la super‑penale sui contenuti sociali promessi.
È il momento di trasformare la rubrica delle chiacchiere urbanistiche in regole precise, con sanzioni concrete. Solo così potremo parlare di rigenerazione vera, trasparente, responsabile.
Continua la lettura con: Scalo Romana e la altre «foreste scomparse» di Milano: inserite nei progetti immobiliari, poi svanite nel nulla
ANDREA ZOPPOLATO