Buenos Aires Boulevard: trasformazione riuscita o nuovo incubo dei milanesi?

Era sinonimo di shopping. Ora fa venire in mente la ciclabile più chiacchierata della città: qual è il risultato?

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Buenos Aires. A Milano era sinonimo di shopping. Ora fa venire in mente la ciclabile più chiacchierata della città. Ora che ci stiamo avvicinando alla conclusione del progetto come è il risultato?

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Buenos Aires Boulevard: trasformazione riuscita o nuovo incubo dei milanesi?

# Primo passo: il tracciamento delle linee sull’asfalto 

Maggio 2020, primo allentamento parziale delle restrizioni durante la pandemia da covid. Questo è stato il primo impatto che i milanesi hanno avuto con la rivoluzione di corso Buenos Aires: linee tracciate sull’asfalto. Tra i punti punti critici c’erano:

  • il primo tratto di pista ciclabile su Corso Venezia si interrompeva nel nulla
  • il parcheggio dei disabili posizionato in doppia fila e pericoloso per chi è in carrozzina e doveva uscire dall’auto: rischiava di esser investito
  • anche la piazzola di carico e scarico in doppia fila
  • la corsia pedonale tra bici e automobili senza alcuna protezione.

# Secondo passo: le piste ciclabili con i cordoli provvisori e la rimozione dei parcheggi

Credits Roberto Lorenzetti FB – Cordoli ciclabile Corso Buenos Aires

Nel frattempo è stata progettata la configurazione definitiva del nuovo assetto di corso Buenos Aires che ha previsto in una fase iniziale la posa di cordoli di 17 centimetri di altezza per 50 di larghezza, in materiale di tipo plastico, per proteggere la pista ciclabile. Contestualmente è stata ridotta la carreggiata a una sola corsia per senso di marcia per i mezzi a motore e sono stati eliminati i parcheggi lungo la strada: sono stati salvati unicamente quelli per il carico/scarico e per l’accesso alle strutture ricettive riposizionati nelle vie limitrofe. Una trasformazione da subito criticata dagli automobilisti e dai commercianti, ma non solo: ci sono stati anche degli incidenti proprio per via dei cordoli. Apprezzamenti invece da parte dei ciclisti. 

# Terzo passo: marciapiedi allargati, in pietra, cordoli permanenti, aiuole e alberi

La trasformazione definitiva di corso Buenos Aires contempla l’allargamento dei marciapiedi in pietra, fino al limite della pista ciclabile, cordoli in pietra, la realizzazione di aiuole e la posa di arbusti e alberi, dove non presenti le stazioni metropolitane della linea M1, e di panchine. I lavori si stanno avviando verso la conclusione, sia nel tratto verso piazzale Loreto a carico di privati, sia in quello in capo a Palazzo Marino, come nel fotoreportage di Urbanfile.org (immagini sopra).

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Gli aspetti positivi: 

L’estetica della strada è gradevole nel suo insieme, il verde è ritornato e camminare è più piacevole e sicuro, dato il maggior spazio a disposizione per i pedoni. Per i ciclisti è meno pericoloso muoversi lungo l’asse viario.

Gli aspetti negativi:

Il traffico stradale invece risulta critico: le code sono più frequenti e, mancando spazio per fermarsi con l’auto, ad esempio per far scendere passeggeri che devono essere accompagnati, è diventato molto più complicato gli spostamenti per alcune fasce deboli della popolazione o per chi non ha scelta che usare il proprio mezzo per motivi di lavoro. Percorrere in auto corso Buenos Aires di sabato o nelle ore di punta è diventata un’impresa impossibile. Non solo: si è aggravata la circolazione anche nelle vie alternative che gli automobilisti scelgono per evitare il corso. 

Ma cosa ne pensano i milanesi? Vediamo alcuni commenti.

# I commenti dei milanesi: prevalgono le critiche

Ph. @ciclisti_a_milano IG

«Bella e divertente questa pista ciclabile che fa la gimkana sul marciapiedi a 20cm dai tavolini del bar! Mi immagino quanto si divertiranno i raiders a percorrerla a 30km all’ora!» – Sammy Pioverna

«Una vergogna grazie agli ingorghi che si creano nella monocorsia per le automobili è diventata la via più inquinata di Milano al punto che anche i ciclisti la snobbano. Questo sindaco con le sue politiche pseudo eco friendly, divisive e elitarie, verrà ricordato solo per essere riuscito a inimicarsi la gran parte dei milanesi.» – Jankovic Claudio

«Corso Buenos Aires si fa sempre più stretto… orma si dovrebbe chiamare Via!» – Sergio Scarlatti

«Ogni volta che una ambulanza deve percorrere corso Buenos Aires, è uno strazio: non riesce a passare a causa di auto incolonnate che non possono accostare per mancanza di spazio. Mi chiedo anche come mai gli automobilisti si ostinino a percorrere Buenos Aires invece di strade limitrofe: i tempi di percorrenza sul corso sono improponibili.» – Marta Colombo

«Sarebbe bello, spero che venga eseguito, e che sia funzionale.»  – Ettore Borghi

«Era ora !!! Oppure volete una città modello mediterraneo?» – Diego Federico Cassani

«Magnifico, via le auto dal centro di Milano. Milano sia pur lentamente diventa sempre più europea.» – Rino Melli
 

«Ottimo. Poco spazio alle auto, a favore della metropolitana che scorre sotto il Corso, a favore della perdonabile della ciclabile e del verde. Stiamo andando nella giusta direzione.» – Giovanni Ferrari

«Al di là della demagogia anti auto -giusto limitare e stroncare gli eccessi di uso (però servono mezzi pubblici all’altezza, numerosi puntuali e non solo a servizio snob della zona 1)- piantiamola di dire “verde” ad ogni iniziativa: un boulevard verde può essere corso Sempione, Foro Bonaparte, non quattro alberelli stenti, distanti tra loro, ricettacoli di rifiuti, soffocati in aiuolette. E tutte le sistemazioni recenti sono di questo squallore: via Beltrami-solarium invivibile docet» – Mario Aurelio Costantini

Continua la lettura con: Il «boulevard verde» di Milano al rush finale: il punto sui cantieri di corso Buenos Aires

FABIO MARCOMIN

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Fabio Marcomin
Giornalista pubblicista. Laurea in Strategia e Comunicazione d’Impresa a Reggio Emilia. Il mio background: informatica, marketing e comunicazione. Curioso delle nuove tecnologie dalle criptovalute all'AI. Dal 2012 a Milano, per metà milanese da parte di madre, amante della città e appassionato di trasporti e architettura: ho scelto Milano per vivere e lavorare perché la ritengo la mia città ideale.

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