La «fregatura» del tempo libero: il trappolone per i giovani

Da diritto al lavoro, a diritto al tempo libero: la fregatura è in arrivo

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Siamo entrati nell’epoca del “work-life balance”, l’equilibrio tra lavoro e vita privata. Sembra questo il nuovo mantra della nuova generazione che, secondo il tam-tam mediatico, pare avere un unico, grande sogno: conquistare il tempo libero. Ma siamo sicuri che questo sia veramente un diritto da conquistare? Oppure che non nasconda, come spesso accade in tempi di propaganda consumistica, una grandissima fregatura?

# Tempo libero: la nuova ossessione dei giovani

Quando si è giovani si vive di sogni, che spesso diventano quasi delle ossessioni. Per i baby boomer l’obiettivo esistenziale era il posto fisso. Negli anni ottanta è subentrato quello della ricchezza, con il nuovo millennio e l’esplosione dei social, il grande traguardo è diventato quello del successo sociale. Da qualche anno, invece, si sta facendo strada nel tam-tam mediatico una nuova bandiera generazionale: “work-life balance”, l’equilibrio tra lavoro e vita privata. Nella ricerca continua di lavoro e occupazioni da parte delle nuove generazioni, sembra esserci una prerogativa imprescindibile: qualunque lavoro si trovi, deve garantirmi molto tempo libero. Quello che conta in una offerta di lavoro sembra essere quello che concede al di fuori del lavoro. Sembra paradossale. Ma nasconde un pregiudizio: quello che il lavoro, qualunque lavoro, debba essere considerato come qualcosa di brutto e opprimente. Qualcosa da cui scappare. Sostanzialmente, come un mero mezzo utile a guadagnarsi il denaro che si possa spendere in quelle finestre temporali “libere” che, in quest’ottica, solo le uniche a dar senso all’esistenza. Ma nel terzo millennio, ha ancora senso considerare vita come quella che si svolge solo al di fuori dell’orario di lavoro? E se invece pensarla in questo modo nascondesse una grande fregatura?

# “Scegli il lavoro che ami, e non lavorerai un giorno della tua vita”

Pensare al lavoro come qualcosa di opprimente e alienante è una trappola. Sono tanti gli attori che hanno contribuito a costruire questa retorica svilente del lavoro e che ad oggi domina ancora negli ambienti di formazione. La prima immagine che si pensa quando si pronuncia la parola lavoro? Una scrivania grigia, un mucchio di scartoffie e una serie di ore da passare davanti ad esse, con un capo sfruttatore e disonesto. Di fronte a quest’idea chiunque scapperebbe di gran corsa. Ed è proprio per questo che bisogna ripensare all’idea di lavoro, per quello che è dal punto vista esistenziale: un percorso di crescita e gratificazione personale, anche e soprattutto attraverso il contributo alla comunità in cui si è inseriti. E il miglior modo per contribuire efficientemente sulla base delle proprie tensioni naturali, è fare della propria passione il lavoro che accompagnerà la propria esistenza. Se infatti si sceglie come obiettivo professionale quello di arrivare a fare ciò che si ama, non si andrà alla ricerca del tempo libero per potersi sentirsi felici: ci si sentirà realizzati a prescindere dal tempo libero. Tanto da non poter più fare distinzione nella vita tra tempo libero e lavoro. Ma perché quindi si sta diffondendo l’idea che la vera conquista contemporanea sia il tempo libero? Cosa si nasconde dietro a questo tentativo? Qui si nasconde il possibile trappolone. 

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# Cosa si nasconde dietro alla retorica del work-life balance

Dietro ai continui e insistenti tentativi di convincere le giovani generazioni che la felicità si ritrova al di fuori del lavoro, si nasconde una verità drammatica: il lavoro così come lo conoscevamo sta scomparendo. Quando il lavoro era in eccesso, si diffondeva la retorica del posto fisso. Perché quei posti si dovevano occupare, anche se non erano il massimo della gratificazione personale. Con l’avvento delle macchine, dell’automazione e dell’intelligenza artificiale, molti mestieri vengono occupati da robot, più veloci ed efficienti che non hanno bisogno né di mangiare né di dormire. E per cui non si pagano i contributi né ferie o malattia. A chi sta conducendo questa opera di sostituzione, risulta molto più facile convincere le giovani generazioni che la vera conquista della loro epoca è il tempo libero, piuttosto che renderli consapevoli di ciò che è in atto. In pratica, per evitare sommosse e disordini da parte di chi non ha il lavoro, si sta preparando uno scenario in cui sia da considerare una fortuna avere tanto tempo libero. E chi può disporre di più tempo libero di un disoccupato? Ecco servito il trappolone. 

A livello individuale, invece, qual è la vera cultura del lavoro da abbracciare? Capire che la vera conquista della nostra epoca non è accumulare ore di svago, ma trovare o, soprattutto, creare un’occupazione che rispecchi i propri interessi e passioni. Un lavoro che ci renda liberi non perché ci lascia tempo per altro, ma perché è esso stesso un’espressione di ciò che siamo. E in quest’ottica l’automazione e la robotica non sono necessariamente un nemico, se usati nella giusta maniera: essi possono sostituire l’uomo nelle fabbriche, nei processi di elaborazione complessi, permettendo all’uomo di riscoprire il contatto con la natura fuori dalle industrie, recuperando così l’arte, l’artigianato e altre espressioni dell’intelligenza e della sensibilità umane. Per fare questo bisogna quindi smettere di vedere il lavoro come un peso e il tempo libero come un diritto, e iniziare a costruire un mondo dove il lavoro sia un mezzo per realizzarsi, oltre e insieme alle innovazioni tecnologiche.

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RAFFAELE PERGOLIZZI


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Raffaele Pergolizzi
Romano, nato il 4 maggio 2003, studio Storia presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’ateneo più grande d’Europa, La Sapienza. Appassionato di cultura, innamorato della mia città e del mio Paese. Credo fermamente nell’importanza della partecipazione attiva alla vita pubblica e nell’impegno di ogni individuo per il bene e lo sviluppo della collettività.

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