L’unificazione dell’Italia fu una marcia lunga e accidentata, tra guerre, trattati segreti e compromessi politici. Ma cosa sarebbe successo se, al posto del Piemonte, a guidare il processo fosse stata la Svizzera? Carlo Cattaneo avrebbe fatto salti di gioia. E, forse, non solo lui.
# Una nazione fatta a cantoni

L’unificazione d’Italia in realtà è stata un’annessione. Da parte dello Stato Piemontese che così ha esteso su tutta la penisola il suo modello, centralista e di forte derivazione francese. Ma, se a procedere all’unificazione fosse stato un altro piccolo Stato, per l’Italia sarebbe stata tutta un’altra storia. Per alcuni aspetti perfino opposta. Cosa sarebbe successo, dunque, se fosse stata la Svizzera a rendere l’Italia unita?
La prima più evidente differenza sarebbe stata nel modello amministrativo. Per la Svizzera il federalismo è una religione. Non solo: quello svizzero si basa su un principio opposto a quello dell’Italia odierna. Tutte le funzioni e competenze vanno trasferite al livello più basso possibile, vicine ai cittadini. Il centro della Confederazione sono i cantoni. Pertanto, se l’Italia fosse stata unificata dagli svizzeri, oggi non esisterebbe uno Stato centralizzato. Avremmo una Confederazione Italiana di Cantoni, ognuno con piena autonomia. Cantoni di norma molto più piccoli delle attuali regioni. Non solo: spesso coincidenti con le città. Come in Svizzera ci sono numerose città-cantone, come Basilea, Ginevra, Zurigo, in Italia avremmo con poteri da cantone anche Roma, Napoli e, soprattutto, Milano. La capitale economica già nel Cinquecento, avrebbe così una propria autonomia fiscale, leggi locali, gestirebbe per i fatti propri scuola, sanità, trasporti e magari anche lingua e bandiera. Roma sarebbe solo il centro simbolico, una sorta di Berna italica. Le decisioni locali non verrebbero calate dall’alto, ma decise con il voto dai cittadini del posto. E questa sarebbe un’altra variazione radicale.
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# Ogni decisione a referendum: il governo ai cittadini

Nel modello svizzero, le leggi importanti passano dal popolo, non imposte da autorità lontane. Un’Italia federale avrebbe introdotto la democrazia diretta già nell’Ottocento. Niente leggi improvvisate a colpi di fiducia o parlamenti gattopardeschi: le riforme strutturali sarebbero sottoposte a votazione popolare. Questo sistema avrebbe probabilmente ridotto la litigiosità della politica e coinvolto i cittadini molto prima, rendendoli meno sospettosi e propensi alla lamentele, ma al contrario più abituati a decidere insieme.
# Meno burocrazia, più treni in orario

In un’Italia alla svizzera, l’amministrazione sarebbe decentralizzata e più snella: uffici pubblici che funzionano, i certificati che si stampano solo online e i treni che spaccano il minuto. Sembra fantascienza, ma è la normalità in Svizzera. I cantoni si farebbero concorrenza virtuosa: chi ha i servizi migliori attrae cittadini e imprese. Il Comune di Milano potrebbe diventare un benchmark europeo per innovazione urbana. Invece dei tavoli interministeriali eterni si sarebbero avute decisioni rapide, locali e adattate al territorio.
# Le tasse lasciate dove si vive, enti più responsabili delle loro spese: un bilancio pubblico in ordine

Il sistema fiscale svizzero è uno dei più decentralizzati al mondo. Se lo avessimo adottato noi, ogni cantone italiano avrebbe le sue aliquote, i suoi bilanci, le sue priorità. A Palermo potresti pagare meno per incentivare i giovani, a Trento di più per finanziare il trasporto alpino. Lo Stato centrale? Solo per la difesa e la diplomazia. In un’Italia così, forse la pressione fiscale sarebbe più equilibrata, e le regioni più responsabili nella spesa. Non ci sarebbero scuse su fondi bloccati a Roma o tagli imposti dall’alto. Soprattutto, i conti pubblici sarebbero in ordine. Con un bilancio in pareggio, o quasi.
# Un’Italia multilingue, multilocale e multipolitica

Oggi parliamo di “divario Nord-Sud” come se fosse una patologia. Ma in un sistema federale, le differenze non sarebbero un problema, bensì una risorsa. Proprio come in Svizzera convivono tedesco, francese, italiano e romancio, in una Confederazione Italiana si potrebbero valorizzare dialetti, identità locali e modelli culturali. Non avremmo bisogno di omologare tutto per sentirci uniti. La politica potrebbe quindi essere meno teatrale: più sobria, più pragmatica, meno concentrata sulla conquista del potere centrale.