Si può costruire senza compromettere la qualità della vita di tutti i cittadini? Nel Nord Europa è possibile. Almeno a Oslo, dove a un progetto edilizio sul lungomare è stato imposto di lasciare ampi spazi vuoti tra le torri, per garantire a tutti la vista libera sul fiordo. Non tutti però lo hanno accolto in modo favorevole.
# Una rigenerazione su un lotto portuale

Il Barcode Project è una sezione del settore Bjørvika, parte del più ampio progetto Fjord City, nel centro di Oslo. Sorge su un’ex area industriale e portuale dismessa, a ridosso del fiordo e della stazione centrale. Il progetto è stato completato nel 2016. Comprende una serie di dodici grattacieli stretti e alti, a destinazione mista. L’area è promossa come “quartiere dell’Opera”, vista la vicinanza al nuovo Teatro dell’Opera di Oslo. Gli edifici si sviluppano lungo Dronning Eufemias gate e Trelastgata, tra la ferrovia e l’acqua. Le aree coinvolte sono denominate da B10 a B13 nel piano regolatore e la pianificazione è frutto di un concorso internazionale vinto dagli studi Dark Architects, a-lab e MVRDV. Ma c’è un aspetto che ha suscitato molta attenzione.
# La priorità? Tutelare la vista sul fiordo per tutti i cittadini

Il piano ha stabilito altezze massime variabili tra 70 e 100 metri. Gli edifici sono lunghi e stretti: ad esempio, uno dei blocchi DnB misura 21 per 105 metri. Tra ciascuna torre doveva mantenersi uno spazio non edificato di almeno 12 metri, per evitare un muro continuo che separasse il fiordo dal resto della città. In questo modo gli spazi vuoti permettono la penetrazione della luce e mantengono la vista verso l’acqua. Ogni edificio ha un disegno indipendente ma partecipa a un sistema unitario, infatti l’intero complesso condivide un seminterrato comune e accessi interni su Trelastgata.
# Un comparto immobiliare integrato

Lo sviluppo è stato gestito da Oslo S Utvikling AS (OSU), una joint venture tra soggetti pubblici e privati: Entra Eiendom AS, Linstow Eiendom e ROM Eiendom AS. Il complesso comprende circa 145.000 mq di uffici, 12.000 m1 di spazi commerciali e 380 appartamenti, per un totale di 10.000 lavoratori e circa 2.000 residenti. Gli edifici ospitano sedi di multinazionali e servizi per il quartiere. Tra i più rilevanti: la torre PriceWaterhouseCoopers, il complesso DnB NOR, la sede KLP e l’edificio Visma. Le architetture sono firmate da studi noti come a-lab, Snøhetta, MVRDV e Dark Arkitekter. Alcuni volumi hanno giardini pensili e terrazze pubbliche, mentre gli atri interni e i vuoti verticali sono parte visibile del disegno esterno.
# Lasciato edificare solo il 50% dello spazio. Ma non sono mancate le critiche

Un aspetto centrale è stato quello economico: il piano regolatore ha imposto che circa il 50% dell’area rimanesse non edificata. Considerando che l’intero sviluppo di Bjørvika ha generato ricavi stimati tra 36 e 50 miliardi di corone norvegesi, la riduzione della superficie costruibile nel solo Barcode ha comportato una rinuncia valutabile in centinaia di milioni di corone. Al cambio attuale, si tratta di una perdita potenziale compresa tra 30 e 45 milioni di euro. Nonostante questo fin dalle prime fasi, il progetto è stato oggetto di dibattito pubblico. Secondo un sondaggio del 2007, il 71% dei cittadini di Oslo era contrario al Barcode. Le critiche hanno riguardato le altezze, l’effetto barriera e l’impatto ambientale. Una petizione ha raccolto oltre 30.000 firme. Le obiezioni principali: ombre sui quartieri vicini, prevalenza di spazi privati, corridoi stretti tra gli edifici. Alcuni architetti hanno parlato di disegno caotico e di un futuro degrado visivo del waterfront, mentre altri osservatori hanno elogiato l’uso efficiente del suolo e la protezione degli spazi verdi.
Continua la lettura con: Quando Milano sognava «il grattacielo più alto del mondo»: 500 metri
FABIO MARCOMIN
Proprio come a Milano, dove la frenesia del costruire ha fatto sorgere grattacieli nel cortile di condomini. E con pochi o scarsi oneri di urbanizzazione, anche. Ma che bella e lungimirante Amministrazione!