Le isole Svalbard, all’estremo nord artico, presentano una forma di governo del tutto insolita. Un posto dove tutti, ma proprio tutti, possono accedere, anche senza bisogno di nessun visto. Tuttavia, qua è vietato sia nascere che morire. Com’è organizzato il governo di queste isole? È possibile riproporlo in Italia?
# Ecco come funziona il governo di questo territorio

Le isole Svalbard ospitano una folta e variegata comunità internazionale. Infatti qui convivono norvegesi, thailandesi, russi, coreani, filippini, ucraini, italiani, tedeschi e tanti altri ancora. Un fatto insolito, se si pensa che la nostra è un’epoca di divisioni e discriminazioni, e pensare che in questo piccolo e remoto arcipelago artico è come se le nazionalità fossero svuotate della loro matrice discriminante e divisoria, fa senz’altro ben sperare. Questo è dovuto principalmente alla forma di organizzazione del controllo del territorio, che formalmente appartiene allo Stato norvegese, ma che sostanzialmente permette a qualunque viaggiatore di sostarci, anche per vivere, pure senza visto. L’unica condizione indispensabile per sostare qui è il lavoro: senza un’occupazione non è possibile vivere sull’arcipelago. Questa particolare condizione ha attirato molti lavoratori e ricercatori, rendendola un paradiso per giovani freschi di studi in cerca di occupazione e opportunità.
# Nasce da un trattato del 1920

La speciale condizione delle Svalbard dipende da un trattato del 1920 firmato da ben 14 Paesi, tra cui l’Italia. È questo trattato che, riconoscendo la sovranità norvegese sull’arcipelago, garantisce a tutti i Paesi firmatari pari diritti di accesso e sfruttamento delle risorse. Oltretutto, la clausola più significativa è quella che garantisce l’uguaglianza di trattamento tra i cittadini norvegesi e quelli degli altri Paesi firmatari, appianando le discriminazioni in particolare in determinati ambiti: l’accesso all’arcipelago; il diritto di pescare e cacciare; qualunque tipo di operazione marittima, industriale, mineraria e commerciale; infine anche il diritto di proprietà. Altre clausole del trattato rappresentano delle vere e proprie conquiste civili. Ad esempio la tassazione è organizzata in modo tale che tutte le imposte e tasse raccolte nell’arcipelago sono utilizzate esclusivamente per le Svalbard stesse. Il trattato infatti vieta alla Norvegia di ricavarne profitti, limitando la tassazione allo stretto necessario per l’amministrazione locale. Inoltre è vietato l’uso militare delle isole, rendendole un vero angolo protetto del pianeta dalle follie della guerra, e vige anche l’impegno per la Norvegia a prendersi cura dell’ambiente naturale, preservando flora e fauna. Tuttavia anche le Svalbard hanno dei limiti, due in particolare decisamente strani: qui è vietato sia nascere che morire per legge. Infatti, non esistono infrastrutture adeguate per i parti e non si possono seppellire i morti poiché il permafrost ne rende difficile la decomposizione, aumentando i rischi sanitari. Nel caso in cui ci siano decessi sull’arcipelago infatti, le persone defunte vengono trasferite nella Norvegia continentale.
# Perché non provare a riprodurlo anche in Italia?

Il trattato delle Svalbard, per quanto possa risultare gravoso ai danni della Norvegia per alcuni obblighi che le sono imposti, come la protezione ambientale e la sicurezza cittadina, rappresentano la testimonianza viva di come l’intelligenza umana, se posta alla luce del buon senso, possa creare condizioni di vita sociale favorevoli e pacifici. Le Svalbard rappresentano il sogno di qualunque persona: vivere in un posto accogliente e pacifico, senza essere discriminato per la propria provenienza, ed essere messo nella possibilità di contribuire e prosperare secondo le proprie capacità. Sostanzialmente il trattato delle Svalbard è stato capace di mettere insieme i princìpi più sani del localismo, del comunitarismo e della partecipazione sociale. In un contesto del genere, dove lavoro e prosperità camminano di pari passo, non c’è bisogno di ideologie, di divisioni né di armi: si può spendere le proprie energie per creare e prosperare pacificamente, contribuendo al progresso tecnologico e sociale. Perché quindi non pensare un modello di amministrazione simile anche per l’Italia? Importare questa impostazione in un Paese grande e potente come l’Italia, sarebbe non solo un passo in avanti verso una nuova civiltà, ma anche un invito all’imitazione per gli altri grandi Paesi. Certamente le Svalbard possono permettersi condizioni simili, poiché non sono né al centro di un mare importante come il Mediterraneo né hanno una storia impegnativa come la nostra. Ma se fosse facile attuare quel modello in un Paese difficile come l’Italia, non sarebbe una conquista. Anteporre la ricerca alla distruzione, la pace alla guerra, la partecipazione all’indifferenza, l’accoglienza alla discriminazione: le Svalbard hanno saputo farlo. La sfida è riuscire a farlo anche nel resto del mondo.
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RAFFAELE PERGOLIZZI