La storia della pelota a Milano comincia nel 1946, quando l’imprenditore milanese Del Pozzo costruisce in via Palermo uno sferisterio: un campo lungo 55 metri e largo 10. Qui si gioca alla pelota, uno sport spettacolare e pericoloso nato nei Paesi Baschi, in cui i giocatori si sfidano colpendo una palla di caucciù contro una parete.
La pelota è artigianale, dura come una pietra ma elastica, e può raggiungere i 300 chilometri orari. Gli scambi sono rapidissimi, al limite del rischio. Il pubblico è protetto da una rete, i giocatori da un casco. In una celebre puntata del telefilm Miami Vice, un atleta muore colpito dalla pelota, che nel mondo avrebbe causato – secondo alcune fonti – una cinquantina di morti.
Le regole sono semplici ma ferree: la palla può rimbalzare una sola volta, a terra o sul muro laterale, poi deve essere rilanciata contro la parete. Chi sbaglia, regala il punto. Le squadre sono composte da sei a nove giocatori, armati della tradizionale chìstera, una cesta di vimini lunga mezzo metro e larga cinque centimetri – quanto basta per trattenere il diametro della pelota.
Dal 1976 Milano diventa uno dei centri mondiali della pelota. Il merito è del napoletano Salvatore Laino che, con l’aiuto del campione basco Sabino Elizburu, riesce a portare nel capoluogo lombardo i più grandi giocatori del mondo, strappandoli al florido mercato americano. Il motore è quello delle scommesse: negli anni ’80, i più gloriosi per lo sferisterio di via Palermo, centinaia di appassionati si accalcano sulle tribune per puntare sui campioni. La giocata minima è di mille lire. Chi c’è stato ricorda una scritta unica e perentoria sulla parete laterale: “La decisione dell’arbitro è inappellabile”. Dopo ogni punto, le urla degli scommettitori infuriati si levano contro l’arbitro, accusato – spesso ingiustamente – di aver favorito l’una o l’altra parte.
Ma il sogno finisce il 31 maggio 1997. Dopo ventun anni di attività, Salvatore Laino e la moglie Gabriella Zocca si arrendono. I grandi campioni tornano in America, altri si trasferiscono a Cannes. In Italia, non rimane più nessun impianto dedicato alla pelota.
A Milano restano però tre ex giocatori: Severino Elizburu, Jesus Echaniz e Jose Torres, che decidono di aprire un ristorante, La Taverna Basca, in via Ludovico il Moro. Un luogo dove sopravvive lo spirito di uno sport leggendario, tra piatti tipici e racconti d’altri tempi. Oggi, lo spazio rimane disponibile per eventi e iniziative, memoria viva di un’epoca in cui la pelota infiammava Milano.