18 luglio 1867. Antonio Beretta, sindaco di Milano, rassegna le dimissioni, travolto da quello che viene considerato uno dei più gravi scandali urbanistici dell’Ottocento milanese: il caso della Galleria Vittorio Emanuele II.

# Il più grande scandalo urbanistico dell’Ottocento
La realizzazione della galleria era stata affidata all’impresa dell’ingegnere Giuseppe Mengoni. Tuttavia, dietro la grandeur del progetto si celavano irregolarità amministrative, debiti occulti e favoritismi nella cessione dei terreni e nell’appalto dei lavori. Una storia destinata a ripetersi fino ai giorni nostri, insomma. Così come ai giorni nostri, anche allora si scatenarono un’ondata di polemiche in Consiglio Comunale e sulla stampa cittadina. Il clamore fu tale che Beretta, accusato di aver coperto o sottovalutato gli abusi, fu costretto a lasciare la carica.
La Galleria fu comunque inaugurata nel 1867, nonostante i problemi, ed è diventata un’icona di Milano. Ma le dimissioni di Beretta segnarono una frattura profonda tra la cittadinanza e l’amministrazione comunale, evidenziando per la prima volta quanto i grandi progetti pubblici potessero diventare terreno di scontro politico e morale. Beretta, già senatore del Regno e figura nobile del liberalismo milanese, uscì di scena amaramente, lasciando un precedente che avrebbe pesato su ogni futura grande opera urbana.

Mengoni
# L’unico sindaco a dimettersi per sospetti di malaffare
Nella storia di Milano, Beretta fu l’unico sindaco a dimettersi per vicende di malaffare. L’altro primo cittadino a lasciare anzitempo la carica fu Giovanni Battista Osnago: si dimise nel 1859 durante la transizione al Regno d’Italia. Era stato nominato, infatti, quando Milano era sotto dominio asburgico e ritenne opportuno dimettersi con l’unificazione d’Italia.
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