Milano ha scelto una strada chiara: dove si combattono le auto, si consente di circolare solo a chi se lo può permettere, si fa cassa ovunque si possa. Per molti, una Milano che ha voltato le spalle a ciò che l’ha resa grande: la libertà. Una politica che sta generando effetti collaterali. Non ultimo, quello di generare un’atmosfera ostile e di dividere in fazioni in cittadini. Perché non provare, in forma sperimentale, a riattivare un quartiere come una volta? Così da capire se i cittadini preferiranno vivere con le regole di un tempo oppure no?
# Un quartiere senza limiti e restrizioni

Si potrebbe individuare un’area periferica, al margine dell’Area B, dove applicare regole opposte a quelle oggi diffuse nel resto della città. Sostituendo al principio del controllo e della repressione, quello della libertà. Quindi: nessun divieto per la circolazione, nessuna distinzione tra veicoli per classe ambientale, nessuna ZTL. Non solo: parcheggi gratuiti su strada, con le strisce bianche, viabilità classica senza piste ciclabili in carreggiata, ampliamento delle corsie dove necessario. Ripristino della viabilità classica, ampliamento delle strade dove necessario. E ricominciando, se serve, anche a costruire tunnel o strade per rendere più fluida la circolazione.
Fino ai primi anni Duemila, la mobilità a Milano si basava su un’impostazione permissiva: niente telecamere, accesso libero per tutti i veicoli, sosta gratuita diffusa. Le strisce blu vennero introdotte a partire dal 1997 e le gialle dopo il 2001. Ecopass, antesignano dell’attuale Area C, fu avviato solo nel 2008. Parallelamente, si realizzavano interventi per agevolare il traffico: oltre a sottopassi e rotatorie per superare incroci o linee ferroviarie, nel 1990 venne realizzato il tunnel Patroclo, sotto via San Giusto, costruito per migliorare l’accesso allo stadio di San Siro in occasione dei Mondiali.
# La direzione della città è condivisa?

L’attuale politica urbana prevede una progressiva riduzione della circolazione privata: meno spazio per le auto, più spazi pedonali, più zone vietate. Alcune categorie di cittadini iniziano a segnalare effetti negativi. Il taglio dei parcheggi rallenta gli spostamenti, le limitazioni ambientali escludono chi non può cambiare auto. Le nuove sistemazioni stradali, spesso a vantaggio di ciclabili o arredi urbani, comprimono le corsie dedicate alla viabilità ordinaria. Si crea una segmentazione tra chi può circolare e chi no. La differenza con l’attuale modello urbano è netta e rende possibile un confronto operativo.
L’approccio di un tempo era quello di favorire lo scorrimento del traffico, non di limitarlo. Poi si è fatta un’inversione a U. Ma questa svolta ha portato un miglioramento alla qualità della vita dei cittadini? L’unico modo per capirlo è testare l’appeal sui cittadini di un quartiere dove regnino le vecchie regole.
# Cinque anni per osservare gli effetti
Il quartiere sperimentale potrebbe restare attivo per cinque anni. In questo periodo si potrebbe intervenire con opere pubbliche coerenti: tunnel, nuovi parcheggi, strade potenziate. Nessuna limitazione, ma circolazione regolata da strumenti tecnologici in grado di adattarsi ai flussi, senza vincoli predefiniti per i veicoli. L’obiettivo sarebbe quello di osservare, confrontare i risultati in termini di attrattività, qualità della vita, mercato immobiliare, attività economiche. Un esperimento parallelo per verificare quale modello urbano genera più benessere reale. Nessuna ideologia, solo confronto diretto tra approcci differenti.
# Il quartiere ideale? Muggiano, Quarto Oggiaro o Ponte Lambro

Se il quartiere attirasse residenti, investimenti, nuove imprese, si aprirebbe una riflessione sull’efficacia delle politiche in atto. Se invece producesse congestione o peggioramento ambientale, il risultato rafforzerebbe la linea seguita. In entrambi i casi, l’esperimento fornirebbe dati misurabili e utili per le scelte future. Milano si è sempre distinta per pragmatismo e apertura e anche oggi potrebbe valutare se alcune regole, oggi date per assodate, siano effettivamente le più adatte. Perché non provare a costruire un caso di studio concreto, dentro i confini della città stessa? Muggiano potrebbe essere uno dei candidati ideale, già oggi marginale in quanto raggiunto da una sola strada e circondato dalle telecamere di Area B. Persino il trasporto pubblico è deficitario, ci arriva solo una linea di bus, e lo sarà anche in futuro visto che il prolungamento programmato per la M1 vira verso nord al Quartiere degli Olmi senza servire l’abitato. Un’alternativa potrebbe essere Ponte Lambro, separato fisicamente dalla tangenziale e che potrebbe vedere la metropolitana non prima del 2040. La terza opzione potrebbe essere di un altro quartiere messo ai margini della rivoluzione green: Quarto Oggiaro. Che le nuove regole possano anche essere utili a rivitalizzare quartieri depressi?
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FABIO MARCOMIN