Milioni di cittadini della città-stato asiatica sono scesi da mesi in piazza per protestare contro la Cina, stato di cui fanno parte amministrativamente dal 1997 in seguito alla fine del controllo britannico, ma dal quale sono autonomi a tal punto da avere una propria moneta e un sistema giudiziario indipendente.
Come funziona il rapporto tra Cina e Hong Kong
Hong Kong è una regione amministrativa speciale della Cina e vede il suo rapporto con lo stato del dragone regolato dalla formula “Una Cina, due sistemi” grazie al quale all’interno degli stessi confini esistono due territori con sistema monetario, giuridico, politico e culturale differente.
Ad esempio il sistema giuridico ricalca il modello britannico che prevede trasparenza e giusto processo.
Di fatto gli unici campi in cui la città-stato asiatica non abbia un alto grado di autonomia sono la politica estera e la difesa.
Le richieste dei manifestanti
Ma qual è stato il principale motivo che ha scatenato le proteste e le manifestazioni di piazza?
La proposta di un disegno di legge per consentire l’estradizione verso la Cina di soggetti rei di crimini in base al sistema giuridico cinese, configurandosi quindi come una palese ingerenza nei confronti della legislazione di Hong Kong.
I manifestanti, che hanno deciso di protestare contro questo tipo di ingerenza, hanno avanzato cinque richieste principali:
- ritirare definitivamente il disegno di legge che prevede l’estradizione verso la Cina
- le dimissioni del capo dell’esecutivo di Hong Kong, Carrie Lam;
- un’inchiesta sulla brutalità espressa dalla polizia durante le proteste;
- il rilascio di coloro che sono stati arrestati;
- maggiori libertà democratiche
Le richieste avanzate dai cittadini di Hong Kong partono da un livello di libertà e di autonomia territoriale che è molto al di sopra a quella delle nostre città, eppure tutto il mondo sembra compatto nell’appoggiare le loro richieste.
Proviamo a immaginare: cosa accadrebbe se quello che sta avvenendo a Hong Kong accadesse in Italia, ad esempio a Milano?
cosa accadrebbe se quello che sta avvenendo a Hong Kong AVESSE LUOGO IN Italia, ad esempio a Milano?
La legge Bassanini e i pochi poteri dei comuni in Italia
In Italia, in modo ancora più deciso dall’introduzione della Legge Bassanini del 15 marzo 1997 e successive modifiche, è aumentata esponenzialmente la responsabilità di chi governa gli enti locali, ma con una riduzione di risorse e poteri.
Pertanto quella che doveva essere una legge mirata a favorire un decentramento amministrativo reale, si è tramutato in un appesantimento della “macchina statale” e di mancanza di autonoma decisionale da parte dei singoli enti.
Questa situazione non ha toccato solamente i comuni più piccoli, ma gli enti di ogni dimensione, Milano compresa.
A Milano ogni intervento strutturale sul territorio, che sia un giardino pubblico o un palazzo, deve passare dal via libera di Roma, intesa come sovrintendenze gestite da ministeri. Uno degli esempi più eclatanti di mancanza di poteri e autonomia si è avuto quando il Comune di Milano ha approvato l’allargamento del Giardino dei Giusti al Monte Stella, dedicato a coloro che hanno contribuito a salvare le persone perseguitate dal regime fascista: il MIBAC (Ministero dei Beni Culturali) per mano della Soprintendenza aveva posto un vincolo e di fatto bocciato il progetto. La regola vigente stabilisce che se il Comune vuole una cosa e il governo, tramite la Sovrintendenza, ne vuole un’altra, vince sempre il Governo anche se si tratta di decisioni territoriali.
Si tratta di un’ingerenza endemica dello Stato Italiano nelle scelte di Milano, che sarebbe giudicata inammissibile dai cittadini di Hong Kong, un azzeramento di autonomia e libertà gestionale a qualsiasi livello molto più grave dei motivi che stanno spingendo i cittadini alla ribellione nelle strade, con il plauso del mondo intero.
Si tratta di un’ingerenza endemica dello Stato Italiano nelle scelte di Milano, un azzeramento di autonomia e libertà gestionale a qualsiasi livello molto più grave dei motivi che stanno spingendo i cittadini DI HONG KONG alla ribellione nelle strade, con il plauso del mondo intero.
Cosa succederebbe se i milanesi scendessero in piazza?
Proviamo a immaginare che cosa accadrebbe se i cittadini di Milano provassero a richiedere non un’autonomia così spinta come Hong Kong, che ha perfino una sua moneta, ma almeno delle libertà che sarebbero in teoria consentite dalla Costituzione, quali:
- istituzione di un sistema giudiziario differenziato così come esiste in Trentino Alto Adige;
- autonomia nella nomina di prefetto e altre figure di potere cittadino e indipendenza della soprintendenza milanese da quella dal MIBAC;
- politiche fiscali e sociali autonome, adeguate al ruolo economico e finanziario di Milano per attrarre le migliori imprese e i migliori lavoratori del mondo oltre a favorire la nascita di nuove multinazionali sul territorio;
- riduzione del residuo fiscale con risorse proporzionali al PIL prodotto, per garantire investimenti da città globale e autonomia gestionale per consentire a Milano di gareggiare con le altra città-stato del mondo, riprendendo l’esempio del Trentino Alto Adige che trattiene il 97% del gettito fiscale;
- sperimentare anche in Italia il modello “un Paese, due sistemi” per consentire a Milano di non avere enti intermedi con l’Europa e poter quindi avere rappresentanza diretta nell’Unione Europea, configurandosi come città italiana ma con modello di gestione distinto dallo suo stato (in campo giuridico, economico, sociale, culturale etc…).
Le richieste elencate configurano un grado di autonomia e libertà che Hong Kong considera scontate da tempo e che i suoi cittadini non consentirebbero mai che venissero messe in discussione. Se i cittadini di Milano iniziassero una protesta per vedere esaudite queste richieste e formalmente richiedere una maggiore libertà dallo Stato centrale che impatto avrebbe sull’opinione pubblica italiana, europea, mondiale? Avrebbero un appoggio naturale come successo per Hong Kong o verrebbero contrastati dalla logica ipocrita che strumentalizza ogni fatto secondo la propria ideologia?
In questo noi siamo coerenti e sfidiamo chiunque a dimostrare il contrario. Crediamo che sia diritto di ogni comunità di ottenere con responsabilità la libertà desiderata e di opporsi a decisioni del governo centrale che possano pregiudicare il futuro della comunità, sia che si tratti di Irlanda del Nord, di Scozia o di Hong Kong. In questo caso appoggiamo le richieste di Hong Kong perché ha dimostrato di avere un modello di città funzionante ed efficiente, quello da città-stato, ed è per questo che siamo convinti che negare un modello di gestione simile per Milano, raggiungibile con un referendum per trasformarla in Regione, possa essere deleterio per Milano e l’Italia intera. E in contraddizioni con quegli stessi principi a cui molti si appellano per difendere la protesta contro la Cina.
Non è un caso se la crescita esponenziale della Cina è coincisa con il rientro nel suo territorio di Hong Kong, dalla quale, grazie al grado di autonomia che ha permesso di sperimentare soluzioni innovative dall’economia alla cultura, è stata influenzata e ne ha assorbito le migliori best-pratice.
Il tempo è maturo perché l’Italia consenta a Milano di spiegare le proprie ali verso il mondo e favorire una crescita di tutta la nazione. Speriamo lo capisca il governo, speriamo soprattutto che lo capiscano i cittadini di Milano.
FABIO MARCOMIN
Credits: https://agi.it/
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