Gli INTRUSI “stranieri” che si nascondono nei PIATTI tipici milanesi

Nei piatti tipici che si sono plasmati nei secoli dei secoli è possibile scovare intrusi che nulla hanno a che fare con le basi tradizionali

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Mondeghili

La cucina di Milano, come del resto la sua popolazione, è da sempre fiera della propria identità. Ma allo stesso tempo non disdegna l’apertura verso l’esterno, verso stimoli che vengono da fuori, verso innesti “forestieri” che si integrano, si fondono e arricchiscono il substrato gastronomico, o in generale sociale e culturale, meneghino.

Gli INTRUSI “stranieri” che si nascondono nei PIATTI tipici milanesi

Nei piatti tipici che si sono plasmati nei secoli dei secoli, e che sono stati confezionati nelle cucine delle regiure milanesi e in gran parte della Lombardia troviamo le stesse colonne portanti: riso piuttosto che pasta, paste fresche e ripiene piuttosto che secche, carne di maiale in prevalenza oppure bovina, diversi ortaggi e insalate, pochissimo pesce (d’acqua dolce), tanti formaggi, abbondante burro, latte e farina da polenta. Ma se guardiamo con occhio attento è possibile scovare intrusi che nulla hanno a che fare con queste basi tradizionali. 

# Lo zafferano

Credits: @chef__pier
Risotto alla milanese

Quello più intenso, profumato e di color giallo oro è l’elemento chiave per la preparazione del classico risott giald: lo zafferano. Aromatizzante e colorante, la spezia della famiglia delle Iridacee non veniva certo dagli orti della Lombardia ma è originaria dell’Asia Minore ed è stata introdotta nel Mediterraneo dagli Arabi dopo le Crociate, a partire dal XIII secolo. Oltre ad essere usato come colorante per le vetrate del Domm de Milan, e ovviamente per il risotto, lo zafferano ebbe un largo impiego nella farmacopea, sulla base di proprietà magico-simboliche che ne assimilavano le virtù a quelle dell’oro.

# Il cedro e l’arancia candita nel panettone

Credits altromercato IG – Panettone Don Bosco

Altro intruso eccellente, su per giù del medesimo colore, va ricercato nel dolce simbolo della città ambrosiana. Nel panettone, preparato con lombardissime farine uova burro e miele, troviamo la frutta candita, in particolare cedro e arancio. Ingredienti che venivano da lontano e che hanno iniziato ad entrare nelle preparazioni gastronomiche nel rinascimento come elemento pseudo-vitaminico, come dolcificante e come surrogato delle spezie di provenienza asiatica.

# Il limone nella gremolata

Credits: PH Divina Milano

Parente stretto del cedro e dell’arancio è il limone. Anche in questo caso, il suo inserimento, sia come scorza sia come succo, nei piatti milanesi inizia nel Tre-Quattrocento come aromatizzante più economico e reperibile delle spezie orientali. Era molto ricercato e veniva utilizzato per insaporire i dolci ma anche molti piatti di carne come la cotoletta alla milanese, la fricassea, le scaloppine, il fritto misto di frattaglie di vitello. In particolare la scorza è tutt’oggi un elemento fondamentale e caratteristico nella preparazione della gremolata, la salsa di prezzemolo e aglio, dal sapore deciso e inconsueto, che viene usata in accompagnamento dei tipici oss bus.

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# Mondeghili

Mondeghili

E infine ecco un esempio di quando “lo straniero” non ha invaso il piatto…ma il suo nome! È il caso dei mondeghili, le classiche e golosissime polpette milanesi fritte nel burro chiarificato e composte da carne lessa, pane raffermo, prezzemolo, aglio, noce moscata e pan grattato. Il nome risalirebbe alla dominazione spagnola che a sua volta deriverebbe dall’arabo al-bunduc dove significava proprio sfere di carne fritte. I castigliani hanno iniziato a chiamare la preparazione albondiga, poi milanesizzata in albondeghito che mutò nell’attuale mondeghilo.

Continua la lettura con: I PIATTI MILANESI che i milanesi NON CONOSCONO

STEFANO CORRADA

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Stefano Corrada
Una vita saporita, tra reazioni di Maillard, prodotti alimentari e racconti di gusto. Dopo la laurea scientifica, vince la passione per tutto ciò che ruota intorno al cibo. E, quindi, prima la divulgazione tecnico-nutrizional-gastronomica. Poi la scrittura, attraverso collaborazioni giornalistiche e fotografiche con periodici e guide, tra cui Focus, Il Golosario, Viaggi del Gusto e Agrodolce.it. In mezzo un libro, edito da Jouvence, dal titolo "Appunti Golosi".