🇦🇱 Anita Likmeta: “Milano è la città dell’EUROPA, come Londra negli anni ’90 o Berlino nel 2000”

In questo momento non c’è nessuna città al mondo che mi intrighi più di Milano.

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Intervista ad Anita Likmeta. Donna di grande volontà, arrivata in Italia nel 1997. Figlia dell’immigrazione di massa dall’Albania degli anni novanta. Oggi è professionista di spicco nel settore della comunicazione e sta per pubblicare un saggio storico sulle relazioni tra Albania e l’Italia durante l’epoca dell’invasione fascista.

Partiamo dall’inizio

In Italia sono arrivata a 10 anni. Ho studiato in una piccola cittadina in Abruzzo. Poi mi sono spostata a Roma, dove ho fatto l’Accademia d’Arte Drammatica “Corrado Pani” e mi sono laureata in Storia e Filosofia a La Sapienza. Durante gli studi ho vissuto per un lungo periodo a Parigi, dove mi si è aperto un mondo. Per me Parigi è come dovrebbe essere una città: un ottimo welfare, molto più multietnica e soprattutto centri di incontro per i giovani. 

Città e Stato di provenienza?

Nata a Durazzo, sono cresciuta in montagna, nell’entroterra albanese. I nonni avevano una casa in mezzo ai boschi.

Il tuo lavoro?

Mi definirei un investitore. Perché innanzitutto la costante della mia vita è stata di investire su me stessa. Poi perché faccio l’advisor in cambio di equity: aiuto a crescere delle start up ad alto potenziale dando comunicazione. Se cresciamo, cresciamo tutti.

Perché in Italia? Perché a Milano?

Immigrare in Italia non è stata una mia scelta, lo è stato nel momento in cui ho deciso di lasciare Parigi per rientrare nella mia Patria adottiva: ecco lì ho l’ho scelta, il mio “give back” al Paese che, tra mille difficoltà, mi ha dato l’opportunità di crescere e di formarmi. Dopo la laurea iniziai a fare i primi passi come giornalista pubblicando su Il Fatto Quotidiano e successivamente sull’Huffington Post diretto da Lucia Annunziata. Nel 2014 Roma mi sembrava stesse precipitando, non riuscivo a coltivare passioni o amicizie perché erano scoordinate, non c’erano progetti comuni. Per ogni iniziativa dicevano: “Quanti soldi ci sono?”, come se il tornaconto fosse la parte importante del progetto. Io non amavo Milano perché ci avevo vissuto nel 2009 e in quegli anni lavoricchiavo in Radio facendo la voice over. Era la Milano delle Olgettine, non mi sembrava un ambiente affine a me. Mia sorella, che ci viveva da anni, mi diceva che la città era stupenda e che aveva molto da offrire, e aveva ragione. Oggi Milano è a metà tra la mia famiglia e le mie ambizioni.

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Quali sono le differenze tra Milano e Tirana?

Milano è eclettica, ti sorprende quando meno te lo aspetti. Una città attraente, più che bella è intrigante, tutta da scoprire. Milano per me è la città del futuro, la città dell’Europa, come Londra negli anni Novanta o Berlino nel Duemila.

Tirana è tutta un’altra cosa. Sta facendo un grandissimo percorso. Un percorso interessante, a metà tra Oriente e l’Occidente, tra quello che è stata e l’aspirazione di essere incorporata nel futuro dell’Europa. Sta vivendo una specie di primavera anche dal punto di vista intellettuale, giovani artisti, poeti, sempre più donne che si affacciano alla politica. Sta crescendo tantissimo, ideale per uno studente che voglia fare l’esperienza in un Paese Orientale in cui si parla italiano.

Milano per me è la città del futuro, la città dell’Europa, come Londra negli anni Novanta o Berlino nel Duemila.

I principali problemi che hai riscontrato in Italia?

Inizialmente la lingua. Senza era difficile costruire rapporti. Poi io dico sempre che ho fatto un viaggio non solo geografico ma temporale, sono passata dalle carrozze trainate dai cavalli a città completamente illuminate. Ho vissuto il Medioevo e ho fatto un grande salto nel futuro.

Cosa pensi di Milano e dei milanesi?

Io adoro i milanesi. Anche se è più facile trovare un milanese a Como che a Milano. Qui c’è già il melting pot delle regioni italiane, anche se non sei milanese Milano ti ci fa diventare. Ti impone un mind code, è una città che ti forma caratterialmente, che pretende, e si fa rispettare.

anche se non sei milanese Milano ti ci fa diventare. Ti impone un mind code, è una città che ti forma caratterialmente, che pretende, e si fa rispettare.

Cosa cambieresti di Milano?

Farei la “Giornata di Milano”: una giornata colorata, in cui il melting pot sia l’evidenziatore, le persone possano avere l’opportunità di scambiarsi idee, lingua, con una grande tavolata davanti all’Arco della Pace come esibizione dello spirito di Milano. Dedicherei delle giornate alla cittadinanza, con dei tavoli, utilizzando gli spazi della città per far sì che le persone si possano incontrare, farli mischiare tra loro con degli slot, come lotterie, 2 milioni di persone che si incontrano come cellule e vedere dal mix cosa ne nasce. Fare questo a Milano sarebbe rivoluzionario.

Quali sono i tuoi posti preferiti qui?

Castello Sforzesco, dal lato dello spazio aperto fino all’Arco della Pace, come una finestra tra passato e futuro. Mi piace tantissimo Villa Necchi, un giardino botanico pieno di macchinari, di storia, di passato. Poi lungo il Naviglio, uscendo dalla città quando diventa tutta campagna e fabbriche antiche.

Hai intenzione di fermarti qui?

Amo questa città, la sento mia. Non so dove mi porterà la vita, certamente Milano è e rimarrà per sempre nel mio cuore. In questo momento non c’è nessuna città al mondo che mi intrighi più di Milano.

In questo momento non c’è nessuna città AL MONDO che mi intrighi più di Milano

Cosa pensi di Milano Città Stato? Di dare a Milano i poteri di una Regione?

Se è una volontà condivisa di avere più autonomia, parliamone. Bisognerebbe dare l’opportunità ai cittadini di esibire il proprio pensiero e di misurare insieme i valori di questa maggiore voglia di autodeterminarsi. Io penso che insieme si può fare meglio, sono per le politiche di inclusione ma se fossi madre e mio figlio mi chiedesse più autonomia glielo lascerei fare con tutti i rischi che ne conseguono. Per me questo significa crescere, accettare il rischio di fare il meglio con le proprie opportunità, e quindi il meglio per la comunità. Ma potrebbe significare anche perdere e si sa che quando si perde si è soli. Ecco valuterei bene tutte le opzioni tenendo a mente che uniti nella diversità è il senso più profondo di essere europei.

ANDREA ZOPPOLATO

Le Interviste Mondiali è un progetto curato da Andrea Urbano e Hari De Miranda.
Clicca qui per leggerle tutte.

 

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Andrea Zoppolato
Più che in destra e sinistra (categorie ottocentesche) credo nel rispetto della natura e nel diritto-dovere di ogni essere umano di realizzare le sue potenzialità, contribuendo a rendere migliore il mondo di cui fa parte.