4 Giugno 1962. Alle porte di Milano nasce una delle pop star dell’Italo-Disco anni ’80

Vent'anni più tardi farà ballare persone di tutto il mondo. Ma con un altro nome. E un'altra voce

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Ph. @ denharrow_official IG
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4 giugno 1962. A Nova Milanese nasce un bambino biondissimo. Si chiama Stefano Zandri e vent’anni più tardi farà ballare persone di tutto il mondo. Ma con un altro nome. E un’altra voce.

È nel cuore pulsante della Milano degli anni Ottanta, tra studi televisivi e club fumosi di plastica e lustrini, che Zandri si trasforma in Den Harrow: un prodotto perfetto dell’Italo-disco, confezionato tra le intuizioni del produttore Roberto Turatti, la penna di Miki Chieregato e il trucco spregiudicato di affidare la voce a un cantante madrelingua inglese, mentre lui si limitava a muovere le labbra. Milano, in quel decennio febbrile, era un palcoscenico e insieme una fabbrica di sogni sintetici: la città dell’effimero, del drive-in e delle televisioni private, che per Den Harrow diventò trampolino e gabbia.

Fu proprio nei meandri della Milano da bere, nel sottobosco dorato di Canale 5 e dei locali di Corso Como, che Zandri costruì il suo personaggio: biondo ossigenato, sguardo da fotonovela e corpo scolpito, divenne in pochi mesi l’idolo delle ragazzine e il volto da esportare in Europa. Brani come Mad Desire, Don’t Break My Heart e Future Brain scalavano le classifiche di mezzo mondo, mentre in Italia il successo era amplificato da programmi iconici come “Popcorn” e “Superclassifica Show”. Ma dietro la patina luminosa, Milano era anche il luogo dei segreti: lì si decise di tenere nascosto che a cantare davvero fosse un americano, Tom Hooker, mentre Den si esibiva in playback.

Milano lo lanciò, lo idolatrò, poi lo dimenticò. Quando l’Italo-disco iniziò a declinare, anche Den Harrow scivolò nell’oblio, provando goffe resurrezioni in reality show e talk televisivi, quasi sempre tornando nella sua Milano, sempre più più ostile che complice.

Oggi Den Harrow è una reliquia pop, ma Milano – quella città che negli anni Ottanta sapeva inventare miti con la stessa velocità con cui li bruciava – rimane il suo vero palcoscenico: lì nacque il suo successo e lì, forse, finì davvero. Con un sorriso da copertina, il playback perfetto e la città sullo sfondo che applaude… anche quando sa che è tutta una farsa.

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